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«Cos'è un manicomio, dicevi?», disse lui. Angelo, immerso nei piaceri che quella giornata non smetteva di riservargli, si era completamente scordato della sua domanda. Annuì senza parlare per assaporare ancora il gusto della crema sul suo palato. «È una specie di ospedale dove vanno i folli», rispose il padre. «E chi sono i folli?», chiese il ragazzino. «Quando uno è malato nella testa e non nel corpo», disse il padre. «E quand'è che uno è malato nella testa?», continuò. Il padre guardò il titolo del giornale con occhi tristi: «Quando fa delle cose con le quali gli altri, la maggior parte degli altri, non sono d'accordo. Andiamo ora, la mamma e tuo fratello si staranno chiedendo dove siamo finiti». Rifecero il percorso all'indietro. Angelo, nuovamente in silenzio, guardava fuori dal finestrino della tranvia con curiosità ridotta, preso com'era dal tentativo di dare un senso alle parole del padre. Scesero alla fermata del Rondò e da lì si diressero verso casa. «Papà... Ma allora i folli sono sempre da soli?». «Spesso. Sì, spesso i folli sono da soli». «Non deve esser bello...». «No. Non deve esserlo. A volte succede però. È il prezzo che si paga per la libertà».